Le origini di Piansano sono antichissime: alcuni ritrovamenti di punte di freccia in selce fanno pensare ad un insediamento stanziale Eneolitico. Certa è poi la presenza degli Etruschi, comprovata da una consistente concentrazione di sepolture di vario tipo.
Dopo la presa di Vulci nel III a.C. i Romani divisero il territorio e diedero vita a nuovi insediamenti. Di questi rimangono ormai solo lacerti di mura, terrecotte votive, ceramiche e tante monete romane.
Tra il IV e il V sec d.C. ci furono molte scorrerie da parte di popolazioni barbariche, che saccheggiarono tutto il territorio della Tuscia. Alcuni resti nei pressi del Poggio di Metino, fanno pensare ad un violento assedio avvenuto durante la guerra tra Goti e Bizantini.
La situazione già non semplice, si aggravò con la discesa dei Longobardi e l’insediamento cadde nell’oblio per alcuni secoli.
Nel Medioevo, quello che era stato un piccolo villaggio, finalmente guadagnò l’epiteto di Castrum, ovvero di borgo fortificato. Intorno al 1150 Piansano era in mano ai conti di Vetralla, che di li a poco cedetterò metà dei loro possedimenti a Viterbo.
A metà del secolo successivo, entrarono a far parte della storia del borgo i Bisenzo, con i loro intrighi, le successioni, i tradimenti e le uccisioni. La famiglia ebbe il possesso del castello fino al 1338, quando passò ai di Vico e finalmente ai Farnese (1385), che distrussero definitivamente il castello.
Nei successivi secoli, il territorio di Piansano venne assegnato dalla Chiesa a varie famiglie, fino a che nel 1537 venne creato il Ducato di Castro da Paolo III Farnese. Con la distruzione di Castro del 1649, il paese venne nuovamente incamerato nei possedimenti della Chiesa.
Nel 1790 il territorio di Piansano fu concesso al Conte Alessandro Cardarelli di Roma, fino al 1808 quando la Camera Apostolica vendette il feudo al Principe Polacco Stanislao Poniatowski. Questi a sua volta lo vendette al Conte Giuseppe Cini di Roma, che lo tenne fino al 1897 quando fu aggiudicato all’asta al Monte dei Paschi di Siena.
Nel 1909 anche la banca toscana lo rivendette a più persone alle quali fu espropriato dall’ Opera Nazionale Combattenti che l’assegnò ai reduci della Grande Guerra.